Per “professionalità” si intende “lo spazio operativo riconosciuto ad un soggetto all’interno di un’organizzazione”
Questa definizione racchiude in sé il risultato della negoziazione tra l’azienda e il singolo, tra il “voler essere” (potenziale del lavoratore), “dover essere” (posizione ricoperta), e il “poter essere” (profilo del ruolo richiesto).
Da un’indagine a livello europeo emerge che la metà dei datori di lavoro intervistati considera i rischi psico-sociali più difficili da gestire rispetto ai rischi per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Ancora, 8 dirigenti su 10 hanno espresso preoccupazioni riguardo la gestione delle dinamiche relazionali all’interno delle aziende, tuttavia solo il 30% attua strategie per poterle gestire (fonte: sondaggio EU-OSHA).
Adottando il giusto approccio è possibile diminuire e prevenire con efficacia i rischi psico-sociali sui luoghi di lavoro, a prescindere dalle caratteristiche o dalle dimensioni dell’azienda, ed affrontarli con la stessa sistematicità con cui si gestiscono le questioni di salute e sicurezza sul lavoro. Gestire dinamiche di stress e conflitti non è solo una questione di “buon investimento” per i datori di lavoro, ma anche un dovere stabilito dalla direttiva quadro N.89\391\CEE.
Inoltre, il patto europeo per la salute e il benessere mentale dei lavoratori riconosce il mutamento delle esigenze e le crescenti pressioni nei luoghi di lavoro ed incoraggia i datori di lavoro ad applicare misure volontarie per promuovere il benessere dei lavoratori.
A livello di organizzazione, le implicazioni economiche dello stress e dei rischi psicosociali legati all’attività lavorativa sono associate alla riduzione della produttività, ad accresciuti livelli di assenteismo e al turnover del personale. In generale gli aspetti che costituiscono un rischio psicosociale possono trasformarsi in opportunità, ossia la gestione di queste variabili non solo riduce il rischio, ma aumenta l’efficacia dell’organizzazione in generale e quindi la sua produttività.
